BG Duran

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  1. Sirinox
     
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    Nome: Duran MandiMartello
    Razza: Nano
    Allineamento: N
    Età: 85
    Divinità: Maphr
    Classe: Artisan

    Rapporti con le altre razze: Neutrale verso tutte le razze, non ne conosce alcuna. Ne ha solo sentito parlare e ha un astio verso gli orchi, ma solo dato dai racconti degli anziani. Come suddetto, non ne ha mai incontrato alcuno.

    Aspetto: Si presenta come un nano alto circa 1.41. Ha occhi blu, e una folta barba bianca. La pelle è logorata dai pressanti lavori in miniera e dal calore della fucina.

    Aspetto psicologico: Durante la storia, la psicologia del personaggio si evolve dati gli eventi. Se prima infatti abbiamo un “giovane” nano di venticinque anni, alla fine troviamo un nano molto “nano” di settantacinque anni, con obbiettivi di grandezza, ricchezza e potenza. Momentaneamente diffida da chiunque e quindi è neutrale verso tutti. Solo con il tempo potrebbe farsi degli amici. Sopra di tutto però, vi è l’obbiettivo di riscattare il suo buon nome, e magari un giorno molto lontano, dimostrare che il suo avo, non era colpevole.

    Storia del Personaggio:


    “Sposta quelle travi, Duran! E’ possibile che dormi persino quando cammini?! Smettila di giocare con quel pezzo di metallo, per tutte le gemme!!”.
    “Certo padre” rispose un giovane nano di venticinque anni.
    Suo padre era quasi sempre di cattivo umore. Era un nano sui duecento anni, alto nella media, con dei grandi baffi e una folta barba nera che già presentava delle chiazze grigie, sempre elegante e pulita se non lavorasse; tra i minatori era fortemente rispettato, un po’ per la sua abilità e fiuto nel trovare preziosi materiali, un po’ per il grosso tono di voce che richiamava il comando. Non a caso, forse, era stato scelto come guida della squadra, nell’addentrarsi in quelle nuove caverne.
    Lui era diverso da suo padre. Lo rispettava di certo, ma solo come si può rispettare quella figura. Quel giovane nano, non desiderava rimanere chiuso in quei luoghi oscuri, dove a volte mancava persino l’aria, e il buio, l’oscurità erano così profonde, che la stessa anima, tremava al sol pensiero di affrontarle.
    Non era codardia la sua. Molti giovani nani non riescono ad abituarsi immediatamente a quei luoghi. Duran era pure una di quelle giovani spine, che appresero ben presto il lavoro. Il suo malessere era semplicemente dato dall’inadeguatezza che sentiva su quel lavoro. Preferiva di certo l’arte della forgia, del trasformare materiali informi, in bellissime opere: dal gioiello più prezioso, all’arma più letale. Tale amore lo aveva ereditato dalla madre, Dania, una grande artista nel forgiare materiali.
    I suoi familiari dalla parte maschile però, erano da generazioni minatori. Erano così amanti del loro lavoro, e così felici di trovar gemme e metalli, che a volte pensava che essi stessi facessero parte del suolo. Ironia della sorte, molti dei suoi familiari erano scomparsi tra le caverne: sosteneva tra se, che andavano a riunirsi con la terra.
    Anche lui apprezzava il trovar ricchezze, ma solo perché sarebbero state utili ai fini della creazione di altre opere... Questo però non era il destino che lo attendeva.
    Quel giorno, il giovane Duran, presosi una pausa, con un affilato picchetto, stava rifinendo le intarsiature di un gioiello: un oggetto creato con una pietra di poco valore economico. Suo padre non lo sopportava. Avevano altro a cui pensare, come affrontare le nuove caverne nelle quali stavano per addentrarsi.
    Erano caverne abbandonate da tempo ormai: era arrivato il momento di sfruttarle.
    Scesero per quelli che a Duran sembrarono giorni; in realtà dall’entrata delle miniere, alle caverne dove loro erano diretti, era necessaria solo qualche ora di cammino. Eppure quel giovane nano, seppur aveva ormai imparato bene il mestiere (lo aveva nel sangue, si vantava suo nonno), non aveva ancora imparato a sopportare l’oscurità e l’aria pesante. Al loro arrivo, tutto sembrava tranquillo: la squadra di otto nani, accompagnata da qualche giovane apprendista che già imparava il mestiere, iniziò subito a perlustrare la zona, assicurandosi che tutto era sicuro, e le vecchie impalcature solide. Presto iniziarono gli scavi, e quelle caverne che da anni non vedevano la luce dei fuochi, tornava a brillare e a risuonare di colpi incessanti di picche, martelli, macchine e imprecazioni degli operai. Sembrava che quelle mura risuonassero di per se. Duran iniziò a lavorare tra suo padre e suo nonno. Preferiva stare con quest‘ultimo: verso di lui provava un sentimento che non era retto dal mero rispetto. Suo nonno infatti, seppur scorbutico non meno del figlio, riusciva meglio a parlare con il nipote. A differenza del figlio, urlava raramente e riusciva meglio nel farsi capire.
    “Mastro Dorian!” Un nano chiamò in lontananza. Il padre di Duran smise di picchiare la terra “che c’è?!” Scorbutico come sempre. “Venite a vedere!” Non erano lontani, eppure Duran poteva vedere che si urlavano a pieni polmoni, perché il ritmo incessante dei lavori, copriva facilmente ogni suono. “Per tutte le gemme, mai un attimo di lavoro tranquillo. DURAN! Non dormire come tuo solito e continua a picchiare! Ho la sensazione che dietro questa parete deve esserci qualcosa di prezioso” quasi fra se. E detto questo si allontanò.
    “Non ascoltare tuo padre Duran” proferì suo nonno appena il padre si allontanò. Il suo nome era Dirion, un nano di circa trecento anni. I suoi occhi erano di un blu profondo che illuminavano di saggezza. La barba era grigia e la pelle ormai rovinata dal tempo e dal lavoro. Il corpo ancora vigoroso. “In realtà ti vuole bene”
    “Si nonno me l’hai detto tante volte” rispose Duran in modo stanco di chi ha sentito quelle parole ripetutamente “ma viene così difficile crederci”
    “Brutto insolente di un nano! Come ti permetti!” Rimasero per qualche secondo in silenzio, se si può definire silenzio se intorno hai nani e macchine che lavorano incessantemente. “ Tuo padre è un nano rispettato, gran lavoratore e buono! Ha salvato tanti nani. E te l’ho già spiegato perché è così amaro nei tuoi confronti! Dovresti ammirarlo!”
    “Si nonno, ma il suo modo di proteggermi e di darmi forza, mi fa sentire più un rimpiazzo...”
    Duran si alienò un attimo, ripensando al racconto del nonno: Dorian aveva un altro figlio prima di questo. Il suo nome era Doran, un nano che aveva ereditato il fiuto del padre e sin da giovane si dimostrò un gran lavoratore. Morì in un incidente dentro le caverne quando Duran era ancora nel grembo della madre.
    Venne richiamato alla realtà dai rimproveri del nonno.
    Poco dopo il padre tornò raccontando al nonno che c’erano problemi con un’impalcatura: l’avrebbero sistemata l’indomani; adesso era ora di tornare.
    Tornati a casa e finito di mangiare, Duran come suo solito, iniziò a lavorare materiali di poco valore: voleva addentrarsi nel mondo della forgia; quelle sera però non lavorò per molto tempo...
    “Belli questi oggetti...” Suo padre disse così, attirando la sua attenzione. Non l’aveva sentito entrare, e gli sembrò strano il non sentirlo urlare. Si limitò a rispondere un grazie appena accennato per poi riconcentrarsi sul suo lavoro.
    Dopo un po’ di silenzio, suo padre riprese così “tuo nonno mi ha detto che... Si ecco insomma...” era visibilmente imbarazzato. Non era abituato a quelle esternazioni “...che ti tratto... Che non ti tratto bene! Ecco... Mi dispiace”. Duran era spiazzato da quelle parole. Non aveva mai visto suo padre così. Rimase in silenzio a guardarlo.
    “Beh si... Non sei obbligato a rispondermi... Però, vedi ecco... Volevo solo dirtelo...” passarono altri interminabili secondi in silenzio, immobili nel guardarsi, finché Dorian si voltò e disse “non fare tardi, domani scendiamo nelle caverne un’ora prima”. Fece per andare via quando Duran disse “Padre...” Dorian si fermò senza voltarsi sull’ uscio della porta “si..?” “Grazie” “si beh...“ e si allontanò bofonchiando qualcosa. Quella sera Duran si sentiva diverso: stava meglio.
    Venne un altro giorno, e tutto procedeva come era sempre accaduto: Dorian che urlava a tutta la famiglia di alzarsi, colazione di uova, carne di cinghiale e solo un boccale di birra per tenersi leggeri preparati da Dania, e la solita ed oscura discesa fino alle caverne. Solo una cosa era diversa: uno strano fischiettio di Dorian.
    Quel giorno i nani però, non iniziarono a scavare: dovevano sistemare un’impalcatura poco sicura.
    In un primo momento, tentarono di ristrutturarla, ma molte parti erano ormai marce e scricchiolanti. Decisero quindi di abbattere tutto e ricostruire. Non era un problema, lo avevano già fatto tante volte. Avrebbero dovuto però abbandonare i lavori per quel giorno, tornare indietro e organizzare una squadra più grande. Non era però l’idea di Dorian: era sicuro che avrebbero potuto tranquillamente affrontare i lavori da soli. Dorian non aveva fatto i conti con la forza della terra: appena iniziarono a togliere parte dell’impalcatura, quella che ormai sembrava terra solida, cedette immediatamente su alcuni nani. Se Dorian avesse potuto narrare le sensazioni provate, avrebbe narrato di paura, oscurità, soffocamento...
    Altri due nani rimasero intrappolati sotto le macerie. I sopravvissuti non si resero immediatamente conto di ciò che era accaduto data la forte coltre di polvere che si era alzata, ma potevano benissimo immaginarlo.
    Tutto divenne lento e confusionario per Duran. Rimase li pietrificato per quelle che sembrarono ere. Venne riportato alla realtà dall’urlo di Dirion “CORRI!! VAI A CHIAMARE AIUTO!!” Con tutto se stesso avrebbe voluto iniziare a scavare. Suo padre era sotterrato e lui veniva mandato via, ma al secondo ululo del nonno, si voltò e iniziò a correre.
    Il caldo diventava sempre più forte, l’aria veniva a mancare sempre di meno. Persino la vista era annebbiata a causa della polvere. Non poteva fermarsi: doveva cercare aiuto. E lo trovò poche sale dopo. Boccheggiava, aveva la gola arsa. “aiuto” sussurrava, correte pensava. I nani che incontrò già stavano scendendo verso il luogo dello smottamento: tutta la miniera infatti aveva tremato. Gli chiesero scuotendolo, dove era avvenuto tutto. Voleva bere, ma non c’era tempo. Doveva correre. Non rispose. Iniziò nuovamente a correre, scendendo verso la caverna franata. La terra iniziò a tremare nuovamente. La squadra che scendeva, compreso Duran barcollò. Qualcuno cadde. Qualcuno riuscì a rimanere in piedi. Si scendeva freneticamente mentre il caldo diventava insopportabile, l’aria veniva a mancare, persino respirare era diventata una fatica.
    Infine arrivarono.
    Vi era ancora polvere nell’aria che peggiorava le cose. Una seconda frana aveva investito i nani che erano rimasti a scavare per liberare gli altri. Altri due erano stati sepolti, tra cui il nonno di Duran. Egli non si rese conto immediatamente di ciò. Iniziò a scavare insieme alla squadra venuta a soccorrerli, e solo ora si rese conto che erano di più di quelli di cui si aspettava: vide infatti molti nani scavare, e altri cercare creare un momentaneo soppalco per mantenere la parte di parete che poteva ancora franare. Scavarono più velocemente del previsto: altri nani venivano per cercare di aiutare, ed era una cosa che poteva capitare spesso nelle caverne.
    Duran si rese conto del fatto che suo nonno era stato seppellito quando lo ritrovarono. Era ancora in vita, anche se sotto shock. Lo riportarono in superficie. Egli rimase a scavare...
    Alla fine il giorno si concluse che dei cinque nani seppelliti, solo due riuscirono a salvasi. Le vite di tre nani, compresa quella del padre di Duran, erano state richieste dalla terra.
    Duran non sapeva tradurre i suoi sentimenti: era disperato per la morte del padre, era irato perché a causa della sua testardaggine era morto, portando con se altre due vite, era angosciato perché non aveva mai detto a suo padre che gli voleva bene e che avrebbe voluto solo essere più apprezzato da lui. Come se non bastasse, da quel giorno la madre, divenne sempre più cupa e scorbutica: non riusciva più nemmeno nell’arte della forgia come un tempo, né riusciva più ad insegnare quell‘arte a Duran. Internamente Duran non si sarebbe mai aspettato una simile reazione: non aveva mai immaginato i suoi genitori innamorati, né che sua madre potesse soffrire per la sua perdita; spesse volte aveva creduto il loro, come un particolare rapporto di lavoro.

    Da allora molte cose erano cambiate.
    Sua madre non lavorava più, rimaneva sempre chiusa a casa; suo nonno col tempo, fu sempre più costretto al letto. Non riuscì più a riprendersi da dopo l’incidente: era ormai di salute cagionevole. Duran lavorava di giorno nelle scure caverne nel cercare materiali, e la sera stava fino a tarda ora nel tentare di forgiare i materiali, tentando di istaurare un piccolo commercio personale. Le cose non andavano male, ma era solo, e con una scarsa conoscenza dell‘arte della forgia, e quindi riusciva appena a mantenere la famiglia.
    Passarono gli anni.
    Duran era ormai un nano adulto di cinquant’anni, forte, reso maturo dagli eventi con una folta e bianca barba nanica.
    Una sera venne fatto chiamare da suo nonno, nella sua stanza. Quando entrò, vide un nano vecchio, stanco della vita che respirava sempre con più difficoltà: un vecchio lupo delle nevi che stava per completare la propria vita.
    “Duran, siediti...” sussurrò
    Duran prese una sedia e si accomodò vicino a lui.
    “Prima che io vada...” colpo di tosse “devo dirti... alcune cose... E spero che la mia vita mi dia ancora forza e tempo per poterti dire tutto...”. Duran avrebbe voluto dire qualcosa, ma si trovava incapace di esprimere i suoi sentimenti, e per un attimo di pura follia, si scopri a pensare che non era tanto diverso da suo padre. Decise così di rimanere in silenzio.
    “Tu fai parte della gloriosa Casata MandiMartello. Questo nome, non ci era stato affibbiato perché siamo da generazioni minatori, ma perché in passato noi siamo stati gloriosi guerrieri, nani potenti e forti, anche a livello politico...”
    Se fosse stata un’altra situazione, Duran avrebbe riso. Aveva sempre visto i propri familiari come minatori. Immaginarsi i propri avi come grandi condottieri e come grandi uomini di potere, gli sembrava stranissimo. Come poteva essere vero se riuscivano appena a mantenersi e conservare poche ricchezze. Certo, era abituato alla battaglia: molte volte era costretto al combattimento nelle miniere infestate da strani esseri che crescevano nell’oscurità e che sembravano cibarsi dello stesso buio, ma immaginarsi grande condottiero, era troppo.
    Involontariamente fece una smorfia accennata, pensando che ormai “il vecchio stava delirando”, e come se Dirion gli avesse letto nel pensiero “per Maphr, brutto nano screanzato!! Abbi rispetto per questo vecchio nel suo letto di morte!” e detto questo gli sferrò un pugno sulla gamba. Duran non ebbe il tempo di sentirsi in colpa: il dolore fu più forte, e si rese conto che in quel vecchio lupo morente, c’era ancora tanta forza.
    Riprese a respirare in modo affannato, passarono degli attimi dove entrambi rimasero in silenzio, fino a che il nonno riprese: “sei l’ultimo e unico discendente di questa grande casata... Prima di morire devi farmi due promesse... La prima” alzando stancamente il dito indice della mano destra. Duran rimase a guardare il dito senza parlare, fino a che il nonno continuò a parlare “prendi quella mappa, stupido!” Duran si voltò, e solo allora capì che aveva alzato il dito per indicare una mappa. Si alzò per prenderla e la poggiò sul petto del nonno, che così riprese “questa è una mappa delle caverne... In questo luogo c’è una stanza molto ampia... e una colonna al centro... Allontanati sette passi a nord e sei ad ovest. Scava, e troverai qualcosa di veramente importante... La seconda promessa che ti chiedo... Ti prego figliuolo, porta agli antichi fasti questo nostro clan...” Duran rimase in silenzio a guardare il proprio nonno. Non credeva possibile che dicesse sul serio. Non poteva essere vero. “Promettilo!” Duran venne ridestato da quello che sarebbe stato un urlo, se il nonno avesse avuto forze necessaria, e si limitò a rispondere “Certo nonno...”. “Bene figliolo, ora lasciami riposare... Ora sono tranquillo”. Chiuse gli occhi, e cadde in quello che sembrò essere un silenzio tombale... Poco dopo ricominciò a russare. Stava dormendo. “Vecchio pazzo” pensò il nano.
    Pochi giorni dopo, il nonno morì. Per egli, Duran organizzò il funerale più onorato che le sue ricchezze potevano permettersi “Che la nostra Dea protegga il tuo cammino, caro nonno...”
    Duran non andò subito nel luogo indicato dal nonno, passarono altri anni, venticinque per l’esattezza. Aveva altro da fare questo nano. Voleva diventare ricco, e nel tentativo di farlo, aveva quasi dimenticato le promesse fatte al nonno. Lavorava instancabilmente giorno e notte, poche pause si concedeva. Eppure il tempo passava e già egli stesso si stancava di quella vita. Non era quella che aveva sognato. Egli voleva diventare ricco, ricchissimo, ma con l’artigianato. Stava per dimenticare il sogno di diventare un Maestro della forgia. Voleva cambiare qualcosa... E fu a quel punto che ricordò due vecchie promesse...
    Ritrovò la vecchia mappa sempre più lacerate, e finalmente si diresse verso il luogo indicato dal nonno. Non dimenticava le sue parole. Era davvero in una sezione delle miniere abbandonata. Trovò non pochi mostri, ma niente di preoccupante.
    Infine arrivò all’immensa sala indicata dalla mappa... “1, 2, 3... 7 a nord... 6 ad ovest”
    Iniziò a scavare...
    *stomp*
    Era un cofanetto... Lo aprì.
    Dentro vi era una lettera, un libro, ed un medaglione...
    Prese per primo il medaglione. Era una strana moneta d’oro. In una faccia vi era solo uno scudo con un martello sullo stesso. Nell’altra, vi erano un piccone, un martello, ed un ascia, incrociati. Lo mise in tasca.
    Prese poi la lettera. Era scritta nella sua lingua, ed iniziò a leggerla:

    Se stai leggendo questa lettera, spero tu sia un MandiMartello.
    In questo cofanetto troverai oltre a questa lettera, un medaglione e un libro. Il medaglione è il simbolo dei MandiMartello. In una faccia vi sono i tre strumenti sacri di questo clan: il piccone è lo strumento onorato del lavoro, tramite quello, puoi trovare metalli preziosi da lavorare; il martello, oltre ad essere il nostro simbolo, è anche lo strumento onorato della forgia, tramite quello puoi trasformare i metalli; l’ascia, è lo strumento sacro creato dal saggio lavoro dei precedenti, raffinato, elegante e dispensore di morte ai nemici del clan.
    Il libro contiene storie intorno ai nani, ed un capitolo dedicato ai MandiMartello. Leggilo e capirai molte cose.
    Hai trovato qui questo cofanetto, perché in passato cademmo in vergogna. Speriamo tu sia qui per riscattarci.
    Onora il nostro simbolo MandiMartello, onora il nostro clan.

    Lesse velocemente quelle parole...
    Forse il vecchio aveva ragione.
    Prese il libro e iniziò a sfogliarlo...
    Vi erano molte storie di nani leggendari, nani gloriosi, condottieri e infinitamente ricchi. Quello che a lui interessava, era quello che si rivelò essere l’ultimo capitolo. Era così intitolato. “I MandiMartello”. E così iniziò a leggere.
    Parlava del suo clan e delle grandi gesta del passato. Si diceva che il suo era uno dei più antichi, forse discendenti dei primi nani che si videro su queste terre, ma nessuno ne ebbe mai prova. Erano potentissimi: grandi cercatori, grandi artigiani, e ancor più, grandi combattenti. La loro politica di espansione economica era anche appoggiata dal fatto che, una parte del clan, era in buoni rapporti con una antica famiglia elfica di nome Mensha, cosicché il loro commercio arrivava sin nelle terre elfiche. Come se non bastasse, qualche rappresentante della famiglia, era forte anche politicamente. Nessuno è mai stato Re, ma in molti erano politicamente rispettati.
    Continuava così leggendo le imprese eroiche di rappresentanti che si erano distinti. Infine arrivò all’ultima parte della storia che veniva intitolata “La Caduta”. Recitava così:

    Seppur così gloriosi, secoli addietro questa potente e ricca famiglia, cadde in vergogna. Le cronache dicono che ai tempi, il membro più rappresentativo della famiglia e che più si era distinto, stava per conquistare il titolo di Re dei Nani. Una notte però, poco prima che venisse nominato, fu trovato dai familiari del suo avversario, nella stanza di quest’ultimo. Si dice che fu trovato sotto shock, con le mani e il martello sporche di sangue, l’avversario ucciso violentemente con il cranio fracassato, e la moglie di lui, violentata e in fin di vita.
    Nel processo Durian (questo era il suo nome), giurò più e più volte di non aver compiuto quell’atto deplorevole e bestiale. Eppure nessuna prova era stata presentata a suo favore, se non la sua testimonianza e il suo buon nome che ormai era macchiato. Venne condannato a morte.
    Da allora nessuno più volle commerciare né avere rapporti con i MandiMartello. Vennero allontanati da qualsiasi funzione, perché si credeva avessero il germe della pazzia. In un primo momento riuscirono ad attenuare il colpo perché conservavano i rapporti con la famiglia elfica Mensha, ma quando anche loro caddero in rovina per un motivo sconosciuto, caddero davvero in disgrazia. Per un periodo qualcuno li considerò anche dei traditori del popolo nanico, perché avevano spostato il loro commercio, solo verso le terre degli elfi.
    Da allora sono passati dei secoli. E nessuno ricorda più con esattezza cosa successe in quel periodo. Con il passar del tempo, il clan MandiMartello, diventò sempre più piccola, e tenendo bassa la testa, pian piano tutti dimenticarono e riacquistarono parte del loro onore. Oggi non si sa più nulla di loro: le ultime notizie che si hanno, ci dicono che si sono specializzati...

    ...e così continuava...
    Duran era incredulo.
    Non poteva essere... Non poteva essere... “Non può essere, che baggianate!” La sua voce riecheggiò in quell’antro, svegliando un gruppo di pipistrelli.
    Raccolse tutto e dopo ore di risalita, tornò alla fredda aria di quei luoghi e poi a casa.
    Passarono dei giorni da quell’avvenimento. Dormiva male la notte e lavorava male di giorno.
    Pensava continuamente a quelle parole che aveva letto. Se solo in parte era vero, egli discendeva da grandi uomini combattenti e coraggiosi. Doveva andare via, doveva vedere il mondo, doveva diventare ricco e riacquistare completamente l’onore del clan. E se in un primo momento queste parole le scacciava infastidito, come un germe si muovevano sempre di più nella sua anima... Finché diventarono un pensiero incessante nella sua mente.
    E mentre un giorno si trovava a picchettare una parete della caverna, nell’incessante rumore di macchine e colpi si sentì “BASTA!”. Duran urlando ciò, aveva scagliato il proprio piccone contro il muro. Molti nani non si accorse di questo gesto concentrati nel lavoro, i più vicini lo presero per pazzo e continuarono a scavare.
    Egli invece guardava il piccone che adesso giaceva a terra... Che cosa doveva fare..? Sapeva bene cosa doveva fare... Riprese il piccone... E iniziò...
    Iniziò quella che doveva essere la sua nuova vita. Non sapeva bene cosa gli aspettava. Durante la salita pensava continuamente che solo un pazzo avrebbe fatto la sua scelta, eppure ormai era convinto, e una parte di se stesso lo spingeva a fare ciò. Più veloce di quanto potesse immaginare raggiunse l’uscita: l’aria fredda era più buona del solito...
    Avrebbe passato qualche altro giorno nel villaggio. Il tempo degli ultimi preparativi, dopo di ciò, sarebbe andato alla scoperta del mondo...
     
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  2. Ryden88
     
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